I primi hacker

Written by landsends. Posted in Materiale dal vecchio sito

Tagged: ,

.

Published on 08 Aprile, 2013 with Nessun commento

I primi hacker

Si può dare inizio alla cultura hacker così come la si conosce nel 1961, l’anno in cui il Mit (Massachusset Institute of Technology) acquisì il primo PDP-1: la macchina si elevò al rango di loro gioco tecnologico favorito e invento tools di programmazione. Ma soprattutto nacque una cultura associativa di cui si trovano ancora oggi numerose tracce. Pare che si debba alla cultura informatica del Mit il primo utilizzo della parola “hacker”. Gli hacker del TMRC (MIT Tech Model Railroad Club) hanno formato il nucleo del Laboratorio di intelligenza artificiale (IA), motore mondiale di ricerca in materia all’inizio degli Anni Ottanta. Ma la loro influenza si è già diffusa a partire dal 1969, anno di nascita di Arpanet.
Arpanet era il prototipo di computer collegati a livello intercontinentale. Era stato costruito dal ministero della difesa americano per sperimentare comunicazioni numeriche, ma è stato trasformato, per effetto dell’interesse di determinate università, in collegamento per laboratori di ricerca. Ma Arpanet ha avuto ugualmente un altro effetto. Le sue autostrade elettroniche hanno riunito gli hacker degli Stati Uniti in una massa critica: invece di rimanere relegati in gruppi isolati sviluppando culture proprie ma effimere, si sono scoperti (o reinventati) una “tribù di ricerca”.
Nascono così i primi artefatti intenzionali della cultura hacker: le prime liste, le prime satire, le prime prime discussioni etiche. Circolarono tutte su Arpanet nei suoi primi anni. In particolare, la prima versione del Jargon File nacque dalla collaborazione incrociata in rete tra il ’73 e il ’75. Era un dizionario di slang informatico che diventò un documento della cultura hacker in fieri. Fu successivamente pubblicato con il titolo di “New hacker’s Dictionary”. Dal punto di vista culturale, il laboratorio IA del Mit fu solo il primo alla fine degli Anni Sessanta. Ma seguirono a ruota l’università di Stanford (SAIL) e la Carnegie-Mellon (CMU), che hanno giocato un ruolo ad alto livello. Tutti e tre erano centri fiorenti per l’informatica e la ricerca in materia di intelligenza artificiale. E tutti e tre attirarono persone brillanti che hanno dato un contributo determinante alla cultura hacker sia dal punto di vista tecnico che folkloristico.
Per comprendere meglio, tuttavia, occorre esaminare più da vicino i calcolatori stessi. Dopo l’epoca del PDP-1, il destino della cultura hacker si era legata ad una serie di mini-calcolatori DPD della società Digital Equipment Corporation. Si deve alla stessa DEC l’apertura della via all’informatica interattiva commerciale. Le loro macchine erano semplici, potenti e relativamente a buon mercato considerando l’epoca. Numerose università se le procurarono tanto che Arpanet, per la maggior parte della sua esistenza, era costituita principalmente da macchine DEC. La più importante di queste macchine era il PDP-10, che uscì nel 1967 e che resto il computer preferito degli hacker per una quindicina d’anni: si ricordano ancora il TOPS-10, il suo sistema operativo, e la MACRO-10, il suo linguaggio.
Il Mit, pur utilizzando il PDP-10, ha scelto una via leggermente differente: ha rifiutato completamente la logica che la DEC proponeva per il PDP-10 per preferirle un proprio sistema operativo, il leggendario ITS (Incompatible Timesharing System). Volevano lavorare a modo proprio. ITS, capriccioso, eccentrico e spesso (quando non sempre) bogué, affermava tutta una serie di innovazioni tecniche brillanti. Era scritto in assembler, ma molti progetti relativi a ITS erano invece nel linguaggio di LISP. Il LISP era più potente e semplice di altri linguaggi contemporanei. Tanto che si utilizza ancora oggi: Emacs è probabilmente l’esempio meglio conosciuto.
Lasciando un attimo il Mit, si vede anche che SAIL E CMU erano molto attivi. Molti attivi hacker del Sail che hanno contribuito all’evoluzione di PDP-10 sono diventati più tardi eminenti personalità nel mondo dei personal computer e dell’interfaccia grafica. Gli hacker del CMU, invece, lavoravabo su quelle che diventeranno le prime applicazioni pratiche su grande scala di sistemi avanzati e di robotica industriale.
Anche il Xerox PARC, il celebre centro di ricerca di Palo Alto, ha avuto un ruolo importante nella cultura hacker. Nel corso di dieci anni, dall’inizio degli Anni Settanta, il PARC a introdotto innovazioni rivoluzionarie, sia a livello di materiali che di logica. E là che le moderne interfacce, fatte di finestre e icone, sono state messe a punto. Ed è sempre là che è stata inventata la stampante laser e la rete LAN. Le macchine PARC della serie D lasciarono presagire, con dieci anni di anticipo, l’avvento dei personal computer negli Anni Ottanta. La cultura di Arpanet e del PDP-10 si sono rafforzati e diversificati durante tutto il corso degli Anni Settanta. Le liste di diffusione per “corriere” elettronico, riservate fino a quel momento a gruppi che condividevano interessi particolari, cominciarono ad essere utilizzate da ambienti sociali più ampi. La lista a carattere “sociale” più diffusa su Arpanet era forse la “Sf-lovers” sulla fantascienza. La lista è ancora viva oggi su Internet. Questa e molte altre hanno aperto la via ad uno stile di comunicazione che sarà successivamente commercializzato da società come CompuServe, Genie e Prodigy

Chi è un hacker?

Il Jargon File contiene alcune definizioni del termine ‘hacker’, la maggior parte delle quali hanno a che fare con l’esperienza tecnica e il gusto di risolvere problemi e di superare i limiti. Se vuoi sapere come diventare un hacker, tuttavia, solo due sono effettivamente rilevanti.
C’è una comunità, una cultura comune, di programmatori esperti e di maghi delle reti che affonda le radici della sua storia decenni addietro, ai tempi dei primi minicomputer e dei primi esperimenti su ARPAnet. I membri di questa cultura stanno all’origine del termine ‘hacker’. Gli hacker hanno costruito internet. Gli hackers hanno reso il sistema operativo UNIX quello che è oggi. Gli hacker mandano avanti Usenet. Gli hacker hanno fatto funzionare il World Wide Web. Se fai parte di questa cultura, se hai contribuito ad essa e altre persone della medesima ti conoscono e ti chiamano hacker, allora sei un hacker.
La forma mentis dell’hacker non è ristretta all’ambito del software-hacking. Ci sono persone che mantengono un atteggiamento da hacker anche in altri campi, come l’elettronica o la musica – davvero, lo puoi trovare ai livelli più alti di qualsiasi scienza od arte. I software-hacker riconoscono questi spiriti affini ovunque e chiamano anche loro ‘hacker’ – e qualcuno afferma che lo spirito hacker è totalmente indipendente dal particolare media in cui l’hacker lavora. Ma nel resto di questo documento ci concentreremo sulle capacità e gli atteggiamenti del software hacker, e le tradizioni della cultura comune che ha dato origine al termine ‘hacker’.
C’è un altro gruppo di persone che si strillano a gran voce di essere hacker, ma non lo sono. Queste sono persone (per la stragrande maggioranza ragazzi adolescenti) che si divertono a entrare (generalmente in maniera illegale) negli altrui computer e a phreakkare le compagnie telefoniche. I veri hacker chiamano questa gente ‘cracker’, e non vogliono avere nulla a che fare con loro. I veri hacker pensano che i cracker siano pigri, irresponsabili, e non molto brillanti, e obbiettano che essere capaci di neutralizzare i sistemi di sicurezza non ti rende un hacker più di quanto far partire un’automobile cortocircuitando i cavi della chiave ti renda un ingegnere elettronico. Sfortunatamente molti giornalisti e scrittori si sono ingannati nell’usare la parola ‘hackers’ per descrivere i cracker; questo irrita incredibilmente i veri hacker.
La differenza fondamentale è questa: gli hacker costruiscono le cose, i cracker le rompono. Se vuoi essere un hacker continua a leggere. Se vuoi essere un cracker, vai a leggere il newsgroup alt.2600 e tieniti pronto a scornarti col fatto che non sei furbo quanto credi. E questo è tutto quello che avevo intenzione di dire sui cracker.

L’atteggiamento dell’hacker

Gli hacker risolvono i problemi e costruiscono le cose, credono nella libertà e nel mutuo aiuto volontario. Per essere accettato come un hacker, ti devi comportare come se avessi questo atteggiamento nel sangue. E per comportarti come se avessi questo atteggiamento nel sangue, devi realmente credere nel tuo comportamento. Se pensi a coltivare un atteggiamento da hacker giusto per essere accettato nella hacker-culture, allora non hai capito. Diventare il tipo di persona che crede in queste cose, è importante per te per aiutarti ad imparare e per avere delle motivazioni. Come con tutte le arti creative, la via più efficace per diventare un maestro è imitare al forma mentis dei maestri – non solo intellettualmente ma anche emotivamente.

Ebbene, se vuoi essere un hacker ripeti le cose seguenti fino a che non le credi veramente:

Copyright © 2000-2004 annozero
Verbatim copying and distribution of this entire article is permitted
in any medium, provided this notice is preserved.

1 . Il mondo è pieno di problemi affascinanti che aspettano di essere risolti

Essere un hacker è molto divertente, ma è un tipo di divertimento che richiede molto sforzo. Lo sforzo necessita di motivazioni. Gli atleti di successo trovano le loro motivazioni da una specie di gusto nell’usare i loro corpi oltre i limiti del fisico. Similmente, per essere un hacker devi provare i brividi nel risolvere problemi, affilare le tue capacità, ed esercitare la tua intelligenza. Se non sei il tipo di persona che per natura prova queste sensazioni, allora dovrai diventarci, se vuoi farcela ad essere un hacker. Altrimenti vedrai che le energie spese per fare l’hacker saranno fiaccate da distrazioni come il sesso, i soldi e l’essere riconosciuti nella società. Inoltre devi anche sviluppare una specie di fede nelle tue capacità di apprendimento, una fede grazie alla quale, pur non conoscendo tutto ciò di cui hai bisogno per risolvere un problema, affrontandone una parte sarai capace imparare abbastanza per risolvere la parte successiva… e così via, fino a che ce la fai).

2. Nessuno dovrebbe mai risolvere lo stesso problema una seconda volta

Le menti creative sono una risorsa valida e limitata. Esse non dovrebbero essere sprecate nel reinventare la ruota quando ci sono così tanti e affascinanti problemi che aspettano là fuori. Per comportarsi come un hacker, devi credere che il tempo che gli altri hacker spendono a pensare sia prezioso – a tal punto che è quasi un dovere morale condividere informazioni, risolvere problemi e diffonderne la soluzione cosicché gli altri hacker possono risolvere nuovi problemi invece di dover riaffrontare perpetuamente quelli vecchi. Non devi credere di essere obbligato a dare via tutti i tuoi prodotti creativi, sebbene gli hacker che lo fanno siano quelli che sono più rispettati dagli altri. È coerente coi valori dell’hacker “vendere” un po’ del suo prodotto per riuscire a sbarcare il lunario ed avere un computer. È coerente pure usare le proprie capacità per mantenere una famiglia o addirittura diventare ricchi, fermo restando che non devi mai dimenticare di essere un hacker mentre lo fai.

3. La noia e i lavori “da sgobboni” sono un male

Gli hacker (ed in generale le persone creative) non dovrebbero mai annoiarsi o aver a che fare con dei lavori ripetitivi, faticosi e stupidi, perché quando questo accade significa che non stanno facendo ciò che solo loro possono fare: risolvere nuovi problemi. Questo spreco danneggia tutti. Perciò la noia ed i lavori ingrati non sono semplicemente sgradevoli, ma un male vero e proprio. Per comportarti come un hacker, devi crederci abbastanza da voler automatizzare tutte le cianfrusaglie noiose il più possibile, non solo per te ma per qualsiasi altra persona (in particolar modo gli altri hacker). Apparentemente c’è solo un eccezione. Gli hacker dovranno fare talvolta cose che possono sembrare ripetitive ad un osservatore, ma che servono per chiarire le idee, per acquisire delle nuove capacità o per fare delle esperienze che non possono essere fatte altrimenti. Tuttavia questa è una tua scelta – nessuno capace di pensare dovrebbe essere mai forzato alla noia).

4. La libertà è un bene

Gli hacker sono per natura anti-autoritari. Chiunque ha il potere di darti ordini ha pure il potere di fermarti dal risolvere un qualsiasi problema da cui sei affascinato – e, conoscendo in che modo lavorano le menti autoritarie, in linea di massima troverà una ragione incredibilmente stupida per farlo. Quindi un atteggiamento autoritario deve essere combattuto ovunque si trovi, per paura che soffochi te e gli altri hacker. Questo, però, non significa combattere tutte le autorità. I bambini hanno bisogno di essere guidati e i criminali corretti. Un hacker potrebbe essere d’accordo nell’accettare un qualche tipo di autorità per ottenere qualcosa che desidera di più del tempo che impiega ad eseguire gli ordini. Ma questo è un compromesso limitato e di cui si è coscienti; il tipo di persona arrendevole che gli autoritari desiderano non deve venir offerta). Gli autoritari si sviluppano grazie alla censura ed ai segreti. Essi non confidano nella cooperazione volontaria e nella condivisione di informazioni – a loro piace la cooperazione che possono controllare. Quindi per comportarti come un hacker, devi sviluppare un ostilità istintiva verso la censura, la segretezza, e l’uso della forza e dell’inganno per costringere gli adulti responsabili. E devi essere disposto ad agire in base a questo credo.

5. L’atteggiamento non sostituisce la competenza

Per essere un hacker devi sviluppare alcuni di questi atteggiamenti. Ma coltivarne uno solo non ti renderà certo un hacker, non più di quanto ti possa rendere un grande atleta od una rock star. Per diventare un hacker c’è bisogno dell’intelligenza, la pratica, di dedicarsi ed infine di lavorare sodo. Quindi devi imparare a non fidarti di un atteggiamento competente di qualsiasi tipo. Gli hacker di certo non perderanno tempo con chi si spara le pose, poiché hanno il culto della competenza – soprattutto competenza nell’hacking, ma va bene la competenza in qualsiasi cosa. In particolar modo è ottima una competenza in alcune capacità che pochi hanno, ancora meglio se sono capacità quali una mente brillante, astuzia e concentrazione. Se anche tu veneri la competenza, ti divertirai a svilupparla in te – e il lavoro duro e la dedizione diventeranno una specie di gioco intenso piuttosto che una noia. E questo è vitale per essere un hacker.

10,936 Visite totali, 2 visite odierne

About landsends

Browse Archived Articles by landsends

Nessun commento

There are currently no comments on I primi hacker. Perhaps you would like to add one of your own?

Leave a Comment

You must be logged in to post a comment.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi